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GRANDE BERTO !

LA PATENTE

LA PATENTE - Umberto Saccani

 

Ascoltavo in silenzio le confidenze rassegnate del mio capo.Avevo anch'io una figlia, ma la mia era sana, la sua aveva avuto la poliomielite.E lui non sapeva darsi pace nel vederla sempre in casa, nella sua stanza, a dipingere.A 19 anni non aveva amici.Rifiutava qualsiasi invito ad uscire. Anche se le piaceva molto vedere posti nuovi, non voleva obbligare nessuno ad adeguarsi alla sua andatura lenta e goffa.
- Se almeno potesse prendere la patente - diceva quasi tra sè e sè il mio capo - potrebbe sentirsi autonoma.Ma ha pochissima forza nelle gambe e non riesce a frenare. -
Io non sapevo proprio cosa suggerirgli.Ai tempi non esistevano le auto con i comandi al volante e senza possibilità di frenare, la patente era fuori discussione.Non ero capace di dire parole di circostanza e così stavo zitto, con gli occhi bassi, ascoltando la sua voce che assomigliava ad un mesto lamento.
Cosa avrei fatto se fosse stata mia figlia?
....niente??? No! Mai! Per la miseria, se fosse stata mia figlia io avrei fatto qualcosa, non so cosa, ma qualsiasi cosa pur di non vederla così.
Sono sempre stato uomo d'azione e anche un po' presuntuoso e cosi mi lasciai sfuggire:
- Ingegnere, se lei permette, ghe pensi mi!
Ci penso io a farle prendere la patente! -
Sull'onda dell'emozione promisi una cosa  impossibile, ma a questo punto dovevo almeno provare.
Anna era una bella e dolce ragazza.
La speranza che le avevo dato la rendeva raggiante.
La prima frenata che tento' di fare non riuscì nemmeno a rallentare l'andatura dell'auto.Mi sentii improvvisamente meschino per averla illusa.
La seconda frenata fu come la prima.
Per tutto il tragitto frenai io con il freno a mano. Intravvidi una piccola lacrima scendere in silenzio sulla sua guancia.
Eh no! Eh no! Non potevo vederla piangere! Ero arrabbiato con me, con la vita, con il mondo intero.
All'improvviso mi misi a gridare: FRENI! FRENI! NON VEDE CHE C'E' UN PEDONE IN MEZZO ALLA STRADA, LO STA INVESTENDO!
Preso dalla rabbia e dalla disperazione per essermi accorto che era un' impresa disperata, stavo tentando  uno stratagemma psicologico: non c'era nessun pedone, ma forse  la paura di investire qualcuno le avrebbe fatto venire un po di forza.No ....L' auto non si fermò.Passo' sopra l'ipotetico  pedone e si fermò quando io tirai il freno a mano.
Preso dallo sconforto, scesi dalla macchina, mi diressi come un forsennato verso l' ipotetico pedone investito, ne constatai il decesso, mettendomi le mani nei capelli, feci un espressione  eloquente di fronte allo strazio di un corpo su cui era passata una macchina e risalii in macchina dicendole con aria seria: E' morto!
Lei rise.Io risposi burbero: C'E' POCO DA RIDERE! L' HA UCCISO! Metta in moto e torniamo a casa!
Ero molto arrabbiato,con me e anche con lei.Avevamo fallito entrambi.
Lei divenne improvvisamente seria, mise in moto, parti' e ma dopo qualche metro Io gridai  di nuovo.FRENI! FRENI! FRENI! NON VEDE IL BAMBINO??!!
A questo punto  freno' con tanta forza che andai a sbattere la fronte contro il parabrezza.Non me l'aspettavo.
- Ho frenato, ha visto? -
- Più che altro ho sentito... -.
Quando il mio capo mi vide tornare con un vistoso  bernoccolo sulla fronte si agito':
- Non si preoccupi , Sua figlia prenderà la patente. - Gli dissi con presuntuosa soddisfazione.
- Ha poca forza nelle gambe, ma tanta nel cuore -.
Portai orgogliosamente, per giorni, quel bernoccolo come fosse una medaglia.


Papa' il quadro che ha dipinto per te la Signorina Anna e che ti ha regalato il giorno in cui  ha preso la patente, l'ho appeso in un posto dove tutti lo possono vedere.Tu ci tenevi tanto.E  adesso tutti sapranno perché.




7 febbraio 1952 matrimonio in ciabatte

7 febbraio 1952 matrimonio in ciabatte - Umberto Saccani

Abbiamo deciso di sposarci la prima sera che siamo usciti insieme.Siamo andati al cinema, al Dal Verme, in centro a Milano.

Alla fine del film abbiamo camminato, parlando, sino a casa. Dal centro alla periferia, 10 chilometri a piedi.Ma non ce ne siamo accorti. Dentro di noi, proprio quella sera, avevamo entrambi  deciso  che ci saremmo sposati.

La famiglia di mia moglie non era d'accordo.Lei aveva studiato all'università e io ero solo un operaio.Abitavamo vicini: lei in un palazzotto  di tre piani di proprietà della sua famiglia, io in un locale onnicomprensivo con gabinetto in cortile, insieme ai miei genitori.

La sua famiglia ha fatto di tutto per impedire le nozze. Le hanno persino  nascosto le scarpe e hanno inoltre cancellato la nostra ordinazione della torta nuziale. Era una torta piccola, per due, ma noi ci tenevamo tanto.

Per evitare discussioni e scenate in Chiesa, ci siamo sposati alle sei del mattino, da soli.. Senza parenti in Chiesa.Senza rinfresco.Senza torta.Senza invitati.

Lei aveva un bel cappotto, ma era in ciabatte. 

I suoi genitori, che erano comunque brave persone, temevano che il nostro fosse solo un colpo di testa e che un matrimonio così squilibrato non sarebbe potuto durare.

Avevamo 29 anni io e 28 lei quando ci siamo sposati.

Avevamo 92 anni io e 91 lei quando ci siamo lasciati.

Io me ne sono andato a luglio, lei mi ha raggiunto a novembre.

E adesso siamo ancora insieme.

Per sempre.

In un bellissimo posto in riva al fiume.

VOLEVO SOLO LA MIA VALIGIA

 

- SUORA, SUORA, DOV’E’ L’USCITA? Mi sono perso.-

- Ma benedetto ragazzo, cosa fai ancora qui? Vuoi morire? meno male che ti sei perso! L’ingresso dell'ospedale è sotto tiro della mitragliatrice, I tedeschi hanno già ucciso due medici.-

- Mi avevano fregato la valigia, suora.  Ho guardato sotto tutti i letti, ma, alla fine, l'ho trovata!-

- Ma vai! Scappa… dal cortile! muoviti!-

Le suore dell'ospedale militare erano protettive con noi ventenni, imboscati negli ospedali per non partire per la Russia.Noi volevamo vivere e non andare a rimpiazzare altri ventenni morti sepolti sotto la neve.E poi perchè avremmo dovuto andare là ad ammazzare quella povera gente che se ne stava bella tranquilla a casa sua? Io proprio non lo capivo. E poi non c’era proprio da fidarsi di quei due matti che avevano dichiarato guerra. Se l’ invasione della Russia l'avessero organizzata i boy scout avrebbe avuto più successo.I nostri treni alla frontiera russa dovevano fermarsi perchè i binari russi erano piu larghi. Mi sembra di sentirle, le bestemmie, quando i nostri soldati si sono resi conto che dovevano scendere e andare a conquistare la Russia a piedi. Oltretutto con gli scarponi che non tenevano l'acqua. O porco di qui, porco di li, porco di la.- Va bhè…ma abbiamo dietro i camion.- - Ma non partono. Chi è quel cretino che non ha messo l’antigelo? – - eh, ma siamo in settembre …-- Si ma non siamo a Riccione, deficiente-

 Ci sarebbe stato da ridere, se non ci fossero stati tanti ragazzi morti per niente . Comunque dovevo uscire, e in fretta, dall’ospedale, se non volevo finire davanti al plotone d’esecuzione. Le camerate erano oramai deserte. Ah, No, proprio nel letto sotto la finestra che dovevo scavalcare c’era uno che si lamentava e molto.Aveva su per giu la mia età. Avrei potuto scavalcarlo e uscire, ma come si fa?? Me lo caricai sulle spalle, e, in qualche modo, con la forza della disperazione, ci ritrovammo fuori dall’ospedale.Avevo la schiena a pezzi!Quanto pesava!

-Vai a casa, vai a casa-, gli gridavo.

-Casa? Home? far away…lontano-

-Eh che ne so, vai dai tuoi amici, vai…dove vuoi, ma non continuare a venirmi dietro.-  Ma lui, con smorfie di dolore, si trascinava penosamente dietro di me. Cosa dovevo fare?Lasciarlo li?Me lo ricaricai di nuovo sulla schiena e lo portai a casa mia .

 Il volto terreo di mio padre, quando lo vide, mi fece capire la gravità della situazione. Avevo portato a casa un soldato americano ferito e gravemente. C’era la fucilazione per tutta la famiglia. Quella notte mio padre ed io scavammo una buca nel campo dietro casa. Indicandomi la vanga e la carriola, mi disse, con gli occhi lucidi ma determinati: “Se muore devi arrangiarti da solo, io e tua madre domani ce ne andiamo”. L’unico pensiero che mi attraversò la mente in quel momento fu che la carriola era molto piccola e l’americano molto lungo.E io non sapevo quanto poteva durare il rigor mortis .

L’americano, contro tutte le previsioni, non morì. Rimase DUE anni con me, a casa mia.Nella stanza onnicomprensiva con latrina privata in cortile. Una corda sempre legata alla finestra del solaio, pronta per la fuga nei campi. Dissi ai miei vicini che era mio cugino, e che non parlava perchè era stato operato alle corde vocali. Nessuno sospettò.Nemmeno il Carlone, un mio vicino di casa, fascista tanto sfegatato quanto sfigato. Per mettersi in mostra nel partito, dove non contava niente, si dava un gran daffare a tentare di smascherare, senza successo, presunti traditori. Teneva sotto controllo, con grande impegno, il nostro cortile come se fosse il suo feudo privato. Però Io non lo preoccupavo, perché non contavo niente, ne da una parte, ne dall’altra, per lui ero assolutamente inoffensivo. E quindi quel ragazzone muto, mio dichiarato parente, la cui cattura poteva essere il suo riscatto all’interno del partito, gli passeggiava sotto il naso senza che lui avesse un minimo di sospetto. Io non davo fastidio a nessuno perchè La mia filosofia era: vivi e lascia vivere, dai una mano se puoi , scansa gli spigoli.Finalmente  trovai un contatto con il comando militare americano e lo portai da loro. Ho sudato freddo fino a che non l'ho consegnato ai SUOI.I suoi divennero anche i NOSTRI poco tempo dopo. Per me, che comperavo benzina per la mia moto al mercato nero, anche i liberatori erano uno spigolo da schivare.Gli americani non erano teneri con chi violava le regole.Così quel giorno che una jeep militare entrò sgommando nel cortile, io entrai sgommando nella latrina.Erano in quattro in divisa militare.Si accorsero della mia mossa e bussarono energicamente alla porta del gabinetto, gridando: SACCANI UMBERTO? Lo sapevo! Cercavano me!Uscii con le mani alzate.Si ero io Saccani Umberto. Un ordine secco del più alto in grado e tutti e quattro scattarono sull’attenti, sbattendo i tacchi e facendomi il saluto militare. You..EROE! Allegramente mi presero per braccia e gambe e mi issarono sulla jeep. Io stavo opponendo resistenza, quando vidi sulla porta di casa mio padre, che aveva un sorriso orgoglioso da orecchio a orecchio. Finalmente a testa alta, mi faceva segno con la mano “vai! Vai!” Uscimmo dal cortile a gran velocità sulla jeep scoperta. Il Carlone che, nel frattempo era diventato un devoto filoamericano, aveva osservato tutto da dietro la finestra. La moglie, nota capisona del cortile, lo apostrofo’ secca: -E quel li l’era inoffensivo eh! L’han saludà me un general. Ti te capisset propri nient.- E il Carlone restò li a bocca aperta dietro la finestra, rimuginando tra sè e sè:

- Ma…mi sono perso qualcosa?-

 

La vicenda è realmente accaduta. L'americano era un soldato sudafricano di Albertville,  della coalizione americana. Il suo nome poteva essere kenfrish Ceril. Mi piacerebbe poterlo ritrovare o ritrovare almeno i figli. Mio padre lo desiderava tanto.Mi ha tanto parlato di lui. Chissà se qualcuno di  Albertville entra in questo sito e ne riconosce il nome.

 

IL REGISTA DELLO SCHERZO

 

 

  Un giorno i miei amici  avevano deciso di fare uno scherzo ad un  vecchio che  era solito alzare un po' il gomito.

Si sarebbero appostati ad una finestra sopra al bar, lo avrebbero attirato con una scusa sotto la finestra e poi gli avrebbero rovesciato addosso una secchiata d'acqua .

Io non mi sono opposto, anzi, dopo che i miei amici avevano lanciato l'idea, avevo preso in mano io la situazione, diventando il regista dello scherzo.

- Bene ragazzi, voi lo attirate con una scusa sotto la prima finestra, dove sono io con il secchio pieno di acqua, e poi, piano piano, vi spostate sotto la seconda finestra e li vi godete lo spettacolo.

I miei amici eseguirono alla perfezione gli ordini. Attirarono il vecchio sotto la prima finestra e poi si spostarono sotto la seconda, in attesa di farsi un sacco di risate.

La secchiata d'acqua gelata  arrivò dritta sulle loro teste, mentre il vecchio, che non aveva capito, rideva a crepapelle.

OPS ! SCUSATE RAGAZZI! HO SBAGLIATO FINESTRA!

...Ma io non ne sbagliavo mai una di finestra!!!

Il regista ha tutta la sceneggiatura nella sua mente e può cambiarla come e quando vuole, anche senza il consenso degli attori!

TE GHE SET REUSSI

 

 

Lavoravo alla Pirelli come "provagomme", cioè collaudavo la tenuta delle gomme Pirelli sui lunghi percorsi, tenendo sempre una velocità sostenuta.

Ogni notte macinavo  1200 chilometri sull'autostrada, con l'orologio che controllava l'andatura. Mi ero fatto pertanto una certa esperienza nella guida soprattutto veloce.

Per tutti ero un eccellente guidatore. Uno dei miei cognati, che aveva appena acquistato una delle prime macchine in commercio, era un pò invidioso. E che Diamine! Anche lui era capace di andare veloce!Non c'era bisogno di fare il provagomme.

Una domenica mattina mi invitò a fare un giro sulla sua macchina nuova.Io vedevo che continuava ad accellerare ."VA ADASI" VA ADASI CHE SE RIBALTUM" ma lui  continuava ad accelerare.Alla prima curva, come prevedevo, ha perso il controllo e siamo finiti fuori strada. Ci siamo ribaltati .Solo un pò ammaccati, siamo usciti dalla macchina con le ruote all'aria e lui, per nascondere la sua mancanza di abilità, mi ha detto: Vurevi fat stremi! (Volevo farti spaventare)

TE GHE SET REUSSI! (CI SEI RIUSCITO!) Gli ho risposto incamminandomi a piedi .- Te set brau a guida', ma adess mi vu a ca a pe'.

(sei bravo a guidare, ma adesso vado a casa a piedi) 

Umberto Saccani

Umberto Saccani

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